Mentre donne velate acquietavano il mio bollore
E marmo divenivo,
loro in me,
io in loro.
Tra tachicardici battiti
un colpo di tosse
e poi fuori.
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Il mondo visto da una gatta dandy
Mentre donne velate acquietavano il mio bollore
E marmo divenivo,
loro in me,
io in loro.
Tra tachicardici battiti
un colpo di tosse
e poi fuori.
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E tutte le mie allucinazioni non erano che celate verità.
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Potrebbe una stella,
o una mezza luna sbiancata dal nero della notte ,
essere ancora,
nelle mani del cielo,
padrona di luce senza saperlo .
E sale purpureo per noi,
che siamo cristalli di neve.
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Poi vabbè c’è la parte poetica…😅😉😱
Stessi scenari.
Stesse galere.
Regalare illusioni intanto.
Fa lo stesso con me l’inappagato sognatore,
senza il mio consenso.
Nel frattempo questa vita
non la cambio per un luogo indefinito,
per spazi di pensieri sconosciuti.
Rivelano le piccole cose ombre,
che tracciano solchi ,
tra ferite già aperte .
Si ripete il vano.
Buttato il tempo nell’incoerenza.
Si ama in tutto o in nulla.
Oppure ci si lascia andare nell’oblio.
Ingestibile solitaria.
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Come se il mondo potesse sollevarla.
Nessun mondo l’avrebbe mai abbracciata. Scivolavano ripetitive ossessioni narcisistiche, rifugio dei suoi giorni, consumati a costruirsi un’immagine patetica agli occhi di alcuni curiosi.
Lei era preda Solitaria, ne provavo pietà e rabbia insieme .
Come non capire che si rimane soli?
L’eccesso non fa che amplificare gli effetti di quella modalità.
Io la stringevo : non aprirli il tuo mondo.
Ignara sbuffava le sue ferite.
Per me non erano abbastanza.
Non c’era poesia dove non c’era contenimento.
Il poeta nasce per difendersi, o difendere dal mondo, non per parteciparvi.
“La nana apoetica, frammenti “
Ora cancellerò il mio corpo
e finirò di esistere.
In fondo è sempre stato
il mio unico desiderio.
Beati voi che vi crogiolate nei ricordi visivi.
Non mi basta uno scatto
senza un altro a seguirlo … e via …e via…
Da oggi senza dolenzia
non sarò mai più
un momento.
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L’ossessione che alimenta la ritualità tribale.
Dolcezza che diventa diavoleria,
quando si tocca il pensiero…il mio,
o dei prediletti della mia anima.
E sciolti i capelli, cominciammo senza pietà,
a liberarci dell’ematofaga.
Frammenti
Ti ricordi di ieri seduti in un bar,
penzoloni e cliché…senza alcuna pietà.
Mentre adesso si perde il pensiero,
dove il sole non muore.
Abbracciata alla luce.
Senza chiedermi quanto e perché.
La verità costa!
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Torneremo a Zurigo
Senza mosche e palloncini bianchi
Senza sangue intercambiabile
E fracasso
E danze orientali da cornici
Senza uomini nemici a
separarci ancora
Lungo il fiume
una coperta
Io te e la fuga dall’inutile
Torneremo a Zurigo
a parlarci senza paura
della tua solitudine
che era anche la mia
Si…ci torneremo nuovi
rinati e al posto giusto
Senza più farsi rubare
Fiori di luce
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Io con la poesia
mi accoppio tutte le notti.
E il giorno è un fottere continuo…
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Cri crac.
Schiusa di uova,
le spalle aggrucciate.
Crepe di ruvide e calcaree nidiate.
Gracchia la rana, scossa dal gelo
Non c’è tempesta è solo arcobaleno.
Spinta del fiume, lento e impetuoso
A tratti si muove l’insolito gioco.
Cric crac , gola preclusa,
edema esteso.
Io resto muta.
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Può il tempo decidere per noi?
No.
Il tempo finisce.
Scocca l’ora Terra di bugia!
Terra di nessuno.
Non ho più bisogni,
dove fuggi.
Resto in silenzio,
nell’abbandono mi muovo.
Senza fragilità.
È concesso anche ai condannati
scaricare l’ultima tensione.
Morire non cambierà le cose,
il nodo sarà sciolto…
Ho un ultimo desiderio: Grappa per tutti.
Torniamo a casa,
è tempo di imparare a dipingere.
Poi scivolerò nel vuoto… Ancora… Sospesa.
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Certo che mi disturbi.
Mi disturba il tuo gracchiare,
l’area da saputella.
Quell’arginare le colpe,
facendole di altri.
La monotonia delle parole,
gli occhi senza entusiasmo.
Ed io…
io ti sembrerò skizzata
con la Kappa,
tra sogni infranti
e tanta konfusione.
Ma ce l’avrei il coraggio
di ripudiarti in faccia,
ma ahimè non servirebbe
all’anima baldracca.
Con amore Ele
Ripenso a tutto quanto,
alle fottute ferite che la vita mi ha inferto,
note stonate del mio destino,
amori dimenticati,altri sconosciuti,
agli odori di erba umida,
profumi e ricordi,
adesso il tuo presente mi consola,
cosi salto ipocrisie e lamenti inutili,
senza nessuna rabbia,senza domande,
assolutamente ti amo
amore mio.
Il poeta degli scarabocchi
fui posseduta dal frontale fino a talamo…ipotalamo
senza pietà
senza paura
sembrava una congiura
fu solo una scoperta
compresi i suoni della mente mia
e li amai
…oltre la testa…
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Non serve amore il mare.
A noi scompone in particelle e ci rigetta a riva,
pulviscoli su quest’arida terra
Sventrati fino al nucleo dai passi,
silenziosi ma pesanti sulla sabbia,
degli uomini.
Non serve amore il mare,
ad intiepidirci …a renderci invulnerabili.
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Avrai da perdonarmi ancora,
delle scissioni e delle vie di fuga.
Fino a quando non mi perdonerai.
Amor mio quanto ti devo ancora,
quanto ancora dovrò renderti,
del dato senza paura,
del dato in naturalezza.
TRA LE DUNE DI QUESTA SABBIA CHE SONO.
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Tingi i pensieri coi colori di altri.
Tra gli alti ed i bassi di questa nostra strada ,
mentre tiepido è il giorno
, silente la noia.
Mi chiede questo straccio di cuore del tempo,
forse poche ore,
forse una vita.
Si insinua la paura tra gli occhi vitrei
che un pianto non consola,
ma solo un sorriso,
il tuo.
Vieni a prendermi,
in questa confusione che scombussola chiunque,
oggi anche te.
Così mi dileguo da questo torpore,
per rinascere domani campanula al vento,
sopra roccia incontaminata.
Ascenderò al paradiso,
solo se mi raccoglierai … con le radici.
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Continuo su questa strada.
Corrono tante parole.
I versi sono trascinanti,
più difficile trascinar le menti
Le menti non sono tutte uguali .
L’ontogenesi ricapitola la filogenesi
Ma è un ricapitolare non identico
I più assomigliano a pesci sguazzanti nel mare
Altri agli anfibi…tra le acque e la terra .
I rettili son pochi… si accontentano di un raggio di sole.
Gli uccelli somigliano a quei pochi disinteressati di tutto,
sorvolano la terra
certi di esser eletti.
Dei mammiferi neanche l’ombra.
Le cure parenterali,
la lotta del branco,
il dono di un seno per un orfano del gruppo.
L’ontogenesi è fallita!
Mi toccherà volare.
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